La pandemia sta avendo una ripercussione molto significativa sulle città di media dimensione che, per struttura e conformazione della nostra economia, rappresentano una fetta importante del PIL nazionale soprattutto in virtù della forte diffusione territoriale di poli industriali e distretti manifatturieri.
Per offrire un panorama dello “stato di salute” dei territori a seguito del Covid 19, siamo andati ad osservare attentamente i suoi impatti sui tessuti produttivi locali, con una proiezione a tre anni (dal 2020 al 2022) e in una prospettiva di due diversi scenari possibili, uno soft di graduale e costante ripresa dell’economia dal secondo semestre del 2020, l’altro hard di persistenza della situazione emergenziale.
Uno studio realizzato da Cerved per ANCI ha valutato, dunque, l’andamento di oltre 1.600 settori produttivi e circa 730.000 imprese delle 93 Città Medie, stimando l’impatto della pandemia in una perdita di fatturato per le imprese, nel biennio 2020-2021 e rispetto alla situazione pre-Covid, di oltre 500 miliardi che corrisponde al 54,8% dei ricavi persi a livello nazionale.
Prima di presentarne i principali risultati, è utile sottolineare il valore aggiunto di tale studio come importante strumento di conoscenza del mondo delle Città Medie. Al di là del fine specifico di misurare l’impatto della pandemia sull’economia, infatti, lo studio riproduce una mappatura aggiornata e dettagliata dei tessuti produttivi dei territori (per macro-settori, comparti produttivi, fatturati, addetti, export-import, ecc.) e un importante confronto delle diverse realtà nel territorio nazionale soprattutto in termini di specializzazioni.
Da cui emerge, ancora una volta, una rappresentazione evidente del peso e l’importanza straordinaria della economia delle Città Medie nel Sistema Paese.
L’osservazione ci sembra ancora più opportuna dal momento che lo studio è stato condotto antecedentemente all’adozione dell’EU-Next Generation Plan e il derivato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza Italia. Con molta probabilità, riproponendo oggi l’analisi nel nuovo scenario e nelle nuove prospettive di investimento, l’analisi dell’impatto della crisi pandemica proporrebbe stime più serene.
Di seguito le principali evidenze dello studio realizzato da Cerved.
La gran parte delle perdite si concentra nelle Città Medie del Nord Italia (70,1%), caratterizzate da fatturati di partenza più alti: in cifra assoluta le città in maggiore sofferenza sono Brescia, Verona, Bergamo, Vicenza, Treviso, Modena, Padova, Monza e Brianza, Varese e Reggio Emilia.
Lo studio mette in evidenza, però, come l’impatto della pandemia varia notevolmente in base alla “specializzazione” dell’economia locale: il 34,9% del fatturato, infatti, si concentra in settori in cui l’impatto del Covid19 è particolarmente severo, con cali superiori al 25%, mentre i settori anticiclici che generalmente sovraperformano rispetto alla media in periodi di recessione poiché riguardano bene e servizi di prima necessità, incidono solo per il 13%.
Le Città Medie con maggiore presenza di imprese fortemente colpite dalla pandemia sono Potenza (56,5% del fatturato), Chieti (56%) e Campobasso (54,7%), dove pesa l’automotive, ma anche Biella (55,7%), Prato (53%), Massa Carrara (52,9%), Frosinone (48,5%), Brescia (48%), Modena (47,4%) e Terni (46,3%).
Tra le città, invece, che evidenziano le quote più alte nei settori anticiclici troviamo Latina (37,8%), grazie al farmaceutico e all’agroalimentare, Imperia (30,3%), forte dell’industria olearia e della distribuzione alimentare moderna, Enna (26,8%), Nuoro (26,1%), Parma (23,5%), Benevento (22,9%), Brindisi (22,8%), Matera (21,3%), Perugia (21%) e Trapani (20.9%).
L’altro aspetto oggetto dello studio riguarda la ricaduta sull’occupazione visto che sono oltre 2 milioni in Italia i lavoratori impiegati nei settori più impattati dal Covid, mettendo in evidenza che il calo dell’occupazione riguarda tutta la Penisola ma con impatti eterogenei sui diversi sistemi locali.
Nella gran parte delle Città Medie il settore più colpito sul piano occupazionale è quello della ristorazione, con oltre 400 mila lavoratori persi (il 21,9% del totale dei posti di lavoro) che in base alle previsioni potrebbero essere messi a rischio per effetto della pandemia (1,8 milioni).
Considerando in ciascuna Città Media l’incidenza dei lavoratori persi a causa del Covid sul totale degli occupati del settore, emergono alcune filiere particolarmente esposte, come la filiera turistico-ricettiva, del sistema moda e dell’industria pesante, che impattano maggiormente su alcuni contesti produttivi locali.
Le Città Medie dove si prevedono perdite più consistenti di addetti coincidono con quelle più colpite per fatturato perso (Brescia, Bergamo, Verona, Padova e Vicenza), mentre le Città Medie che evidenziano un maggiore impatto dei lavoratori persi sul totale dell’occupazione privata sono Rimini, Prato, Aosta, Sassari e Livorno, penalizzate da una forte esposizione occupazionale nell’alberghiero, nella ristorazione, nel sistema moda, nell’arredamento e nella siderurgia.
In generale, nelle Città Medie del Nord, la pandemia ha provocato maggiori effetti sul peggioramento dei tassi di occupazione, a causa della più alta incidenza del settore privato, mentre i livelli occupazionali delle città del Sud evidenziano ribassi più contenuti per la maggiore diffusione dell’impiego pubblico non direttamente colpito dagli effetti della crisi. Nonostante questo, le Città Medie del Sud continueranno ad avere tassi di occupazione sensibilmente più bassi rispetto a quelle del resto della Penisola.
Se poi si considerano le circa 110.000 imprese entrate in crisi di liquidità nel corso del 2020 (il 30% del totale) si vede che la regione percentualmente più colpita dal fenomeno è la Toscana: ben cinque città toscane, infatti, hanno quote di imprese in sofferenza che vanno dal 35% di Prato al 32,7% di Grosseto, passando per Siena (34%), Pistoia (33%) e Livorno (32,8%). Le altre città nella stessa situazione sono Rimini (34,6%), Gorizia (32,8%), Brindisi e Verona (32,7%), Pordenone (32,4%).